Il futuro dello sport

Traducir en español [Google Translate] Translate in English

panoptikon

Lo Spogliatoio ospita temporaneamente la casa editrice Panoptikon; se gradite i contenuti potete seguire l’attività di questa nuova inziativa e supportarla su Facebook e Twitter.

Benché la produzione di Panoptikon sarà incentrata sul passato dello sport cogliamo l’occasione di questa fine d’anno per gettare uno sguardo sul futuro: come si evolverà lo sport? Non si possono avere certezze in merito, ma ugualmente è possibile fare alcune considerazioni alla luce delle strade intraprese nel presente.

Dobbiamo innanzitutto distinguere tra le due grandi tipologie di sport: quelli individuali e quelli di squadra. Lo sport individuale – prendiamo come paradigma l’atletica – è solitamente votato al raggiungimento della prestazione fisica immediata (la corsa più veloce, il salto più alto, …), mentre nello sport di squadra le variabili atletiche e tecniche individuali si intersecano determinando una prestazione collettiva che a sua volta determina solo parzialmente il risultato finale. È quindi evidente come la prestazione nell’atletica sia “limitata” inderogabilmente all’unica variabile della capacità fisica umana, una risorsa “finita” per così dire, al contrario dello sport di squadra che prende questo parametro e lo utilizza come una delle tante variabili del gioco.

È facile comprendere come gli sport individuali debbano ricorrere a “stratagemmi” per garantirsi un futuro dopo ogni record: a Johnson deve succedere Bolt e a questi deve succedere qualcun altro. Per garantirsi un futuro l’atletica ha deciso di ricorrere ai “freaks”. Man mano che passa il tempo il miglioramento della prestazione massima è sempre minore; questione di dettagli. Bolt è alto un metro e novanta centimetri, quasi dieci centimetri più di Michael Johnson, e un metro è occupato dalle sole gambe. Ne risulta una falcata di circa due metri e mezzo che gli garantisce di poter completare 100 metri con una quarantina di falcate. Può dunque avere tutti i difetti tecnici che vuole finché mette in fila quaranta falcate da due metri e mezzo. Ugualmente, però, Bolt migliora il record sui 200 metri di Johnson (19.20 contro 19.22) dello 0,1%, ovvero di soli 20,7 centimetri. Maggiore è la distanza e minore è l’incidenza del fisico: a un gigante con una falcata di 100 metri basterebbe il tempo necessario a fare un passo per battere il record, ma avrebbe maggiori difficoltà all’aumentare della distanza da coprire. L’escamotage funziona fino a un certo punto.

Dove non arriva l’escamotage delle gambe più lunghe arrivano le protesi. Il caso di Oscar Pistorius ha smosso opinioni differenti e studi scientifici che hanno dimostrato – forse è meglio dire perorato – tesi opposte. In ogni caso Pistorius nella sua volontà di competere contro atleti normodotati (perdonatemi ma non sono aggiornato sulla terminologia più politically correct del momento) deve affrontare vantaggi e svantaggi. Proprio perché le condizioni di partenza non sono uguali per tutti – o per lo meno assimilabili – non sembra giusta la decisione del CIO di farlo competere coi normodotati. Ma sicuramente agli sponsor e ai telespettatori, che potevano gustarsi la Storia (in salsa “io c’ero”/”clicco mi piace”) e la corsa del freak comodamente in poltrona senza nemmeno doversi sorbire Barbara D’Urso, è sembrata giusta.

Questa è dunque la strada intrapresa dall’atletica e simile è quella che ha deciso di seguire la Formula Uno. Con un regolamento kafkiano, trionfo di puro onanismo burocratico, la corsa alla macchina più veloce è sfociata in una pista elettrica in scala 1:1 che ricorda gli scacchi umani. Le macchine sfrecciano veloci, velocissime, sul binario loro preposto e il sorpasso, rigidamente regolamentato, dipende da mezzi tecnologici: se soddisfi i requisiti puoi premere il bottoncino del turbo. Supercar non era un telefilm un po’ pacchiano, era un precursore.

Il re degli sport di squadra, il calcio, non se la passa meglio. Abbiamo assistito quest’anno alla farsa del record di Messi: nonostante non sia stato omologato dalla FIFA – per non subire l’onta di avere un record detenuto da un africano invece che da uno dei tanti pseudo-campioni di regime – per i media continua a esistere e viene citato in questi giorni in tutti i resoconti di fine anno. Proprio i media detengono in ambito sportivo il potere dell’immediato futuro come uniche espressioni “d’informazione” e storicizzazione in grado di intrattenere le masse. Cavalcandone l’emotività si pongono come genitori-amici. E se i media “tradizionali” sono genitori troppo amici dei figli, i nuovi media, blog e siti internet, sono i veri e propri amici. Trascinati dai meccanismi di semplificazione dei social network ci aggreghiamo attorno a chi semplifica. Cristiano Ronaldo ha un triliardo di like – che non fa rima con Nike, ma cambia solo una lettera, – dev’essere per forza un campione.

Infine i Giochi Olimpici. È difficile parlarne, è come descrivere la lenta agonia di un caro amico sulla via del tramonto. La strada intrapresa da decenni (da sempre?) è quella di inserire nel programma sport che possano coinvolgere specifici mercati e accontentino lobby di potere interne ed esterne. La sensazione è che non si possa andare avanti ancora per molto con una manifestazione ridotta a un ridicolo spettacolo di “sport”, definiamoli così, più o meno bizzarri. Anche in questo caso si tratta comunque di una buona occasione per i media d’inventare qualche personaggio che serva da riempitivo durante l’anno.

Qual è il futuro dello sport dunque? RECORD! CAMPIONI! VITTORIE! A solo un euro.

L’editore

Pubblicato il 30 dicembre 2012, in Panoptikon con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

Lascia un commento